Liste bloccate e sovranità del cittadino, Giuliani (Pd): "Pari rappresentanza di genere, doppia preferenza per garantire stesse opportunità di partenza"

L'intervento della presidente della commissione pari opportunità al convegno

Questo l'intervento della presidente della Commissione pari opportunità e vice presidente della Commissione affari istituzionali Maria Federica Giuliani  durante il convegno di questa mattina:

 

"L’appuntamento di oggi come si evince dagli interventi che mi hanno preceduta e dal titolo del nostro convegno, sottolineano l’esigenza e la richiesta ormai diffusa di una revisione dei sistemi elettorali.

Vorrei però concentrare il mio intervento sul necessario meccanismo di redistribuzione di accesso al sistema di decisione politica, promuovendo pari opportunità di partenza. “Quote rosa” è un termine assolutamente sbagliato e fuorviante, dal quale invece si evince piuttosto uno spreco enorme di talenti, risultando una definizione che riduce il valore delle donne, lo sminuisce innanzi alla società, lo racchiude in un meschino numero chiuso di possibilità a fare e dire.

Ad oltre 60 anni dall’entrata in vigore della Costituzione italiana e dal riconoscimento del diritto di voto alle donne, ancora molta strada rimane da fare per arrivare ad una democrazia davvero compiuta e quindi equamente rappresentata.

Vi è inderogabilmente la necessità di valorizzate le «novità di sistema» introdotte in questo lasso di tempo dal nostro legislatore, a partire dalle nuove disposizioni costituzionali. Il nuovo art. 117, settimo comma, della Costituzione, che pone esplicitamente l’obbiettivo del riequilibrio fra i generi e stabiliscono come doverosa l’azione promozionale per la parità di accesso alle consultazioni, riferendoli specificamente alla legislazione elettorale.

“La finalità di conseguire una «parità effettiva» fra uomini e donne anche nell’accesso alla rappresentanza elettiva”, secondo la Corte, “è positivamente apprezzabile dal punto di vista costituzionale e trova larghi riconoscimenti e realizzazioni in molti ordinamenti democratici, nonché dagli indirizzi espressi dagli organi dell’Unione europea, ed è collegata alla constatazione, storicamente incontrovertibile, di uno squilibrio di fatto tuttora esistente nella presenza dei due sessi nelle assemblee rappresentative, a sfavore delle donne. Squilibrio riconducibile sia al permanere degli effetti storici del periodo nel quale alle donne erano negati o limitati i diritti politici, sia al permanere, tuttora, di ben noti ostacoli di ordine economico, sociale e di costume suscettibili di impedirne una effettiva partecipazione all’organizzazione politica del Paese”.

Un aspetto quindi, se non decisivo, ma certo assai influente nel fenomeno del sistema elettorale è costituito dai comportamenti di fatto prevalenti nell’ambito dei partiti e dei gruppi politici che operano per organizzare la partecipazione politica dei cittadini, anche e principalmente attraverso la selezione e l’indicazione dei candidati per le cariche elettive.

Già in passato, la Corte ha espresso una valutazione positiva rispetto a misure tendenti ad assicurare “l’effettiva presenza paritaria delle donne (…) nelle cariche rappresentative” –“liberamente adottate da partiti politici, associazioni o gruppi che partecipano alle elezioni, anche con apposite previsioni dei rispettivi statuti o regolamenti concernenti la presentazione delle candidature”, come si evince dalla sentenza n. 422 del 1995, sul modello di iniziative diffuse in altri paesi europei. E qui mi corre l’obbligo di sottolineare lo sforzo del mio partito il Pd, di dare una risposta a questa esigenza introducendo la democrazia paritaria nel disciplinare le diverse modalità di selezione dei candidati per le assemblee elettive.

La legge approvata dal nostro Parlamento la scorsa settimana che prevede la presenza obbligatoria di donne negli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in borsa, sicuramente non risolve tutte le problematiche connesse alla partecipazione delle donne ai vari ambiti professionali o istituzionali, ma sicuramente apre un varco ad ipotesi fino ad oggi inimmaginabili, facendo intravedere la strada per l’introduzione anche in politica di meccanismi che consentano la realizzazione effettiva della democrazia

In Toscana la legge elettorale n.25 del 2004, non prevede che si possano esprimere preferenze per i candidati consiglieri. Ogni partito presenta un listino regionale, composto da uno fino ad un massimo di cinque candidati, e dieci diverse liste provinciali. Possono sperare di avere un rappresentante solo i partiti che raccolgono almeno il 4% dei consensi. I consiglieri sono eletti nell'ordine con cui compaiono sulle liste. L'ordine delle liste, sulla scheda, può variare da provincia a provincia. In ciascuna lista provinciale però non possono essere presentati più di due terzi di candidati circoscrizionali dello stesso genere, ma non viene poi specificato in che posizione devono essere collocati!

La scarsa partecipazione femminile alle liste regionali è a tutt'oggi una realtà in Italia. I dati emersi a seguito delle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010 parlano da soli, evidenziando un'esigua presenza femminile che diviene più accentuata nelle Regioni del Sud, dove solo una donna è divenuta Consigliere Regionale (Basilicata), o peggio, nessuna (Calabria).
In alcune regioni la percentuale di elette non supera il 10% Puglia (5,1%), Veneto(6,7%) e la Lombardia (8,7%) -, mentre in altre la partecipazione femminile si colloca tra il 10% e il 20 % -Liguria (15%), Marche (16,3%), Umbria (16,7%), Lazio (17,8%) e Toscana (18,2%). Solamente l'Emilia Romagna ha eletto il 22% di donne.

Molte le proposte di legge depositate sia nazionali che regionali volte al superamento di questo gap di rappresentanza, ma mi vorrei soffermare in conclusione sulla grande innovazione introdotta dalla Regione Campania che ha adottato il sistema della doppia preferenza di genere, la cui legittimità costituzionale è stata autorevolmente sancita dalla Corte Costituzionale nella recente sentenza 4/2010, secondo la Corte la disciplina regionale impugnata si inserirebbe con coerenza in un contesto normativo complessivamente volto a promuovere la effettiva parità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive.

Tale processo ha così portato ad un incremento della presenza femminile nel Consiglio Regionale campano pari al 23% dei membri, con l'ingresso di quindici donne.
La legge elettorale regionale campana, proposta dalla Presidente della Commissione Regionale per le pari opportunità, ha introdotto un sistema facoltativo, attraverso il quale l'elettore può esprimere nelle apposite righe della scheda uno o due voti di preferenza, scrivendo almeno il cognome dei due candidati consiglieri compresi nella lista stessa.
Nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e l'altra un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza.
Con questo sistema si è dato una forte spinta alla promozione della rappresentanza femminile in politica, come hanno dimostrato i risultati delle elezioni. Oltre a questo la legge ha previsto che i partiti debbano assicurare nella composizione delle liste, un'equilibrata rappresentanza dei due generi, in modo che nessuno dei due possa essere presente con più dei 2/3 dei candidati, pena l'inammissibilità della lista stessa.

E’ noto che il voto di preferenza non favorisce le donne, questo è un fatto ben noto agli studiosi di sistemi elettorali e la rappresentanza delle donne tende ad essere maggiore in presenza di sistemi proporzionali caratterizzati da liste bloccate e da circoscrizioni di grande ampiezza. Il voto di preferenza infatti tende a penalizzare le donne perché queste, a differenza dei loro colleghi uomini, non dispongono, o dispongono meno, delle risorse politiche (network personali, rapporti con i gruppi di interesse, finanziamenti) necessarie per competere per le preferenze, anche se non è nemmeno certo che la lista bloccata sia la soluzione dato che sono sempre gli uomini a fare le liste. La doppia preferenza potrebbe risultare un viatico per una maggiore presenza delle donne.

In un momento come questo di rielaborazione dei sistemi elettorali ritengo sia importante tener conto di queste felici esperienze che coniugano bene la necessità di addivenire ad una rappresentanza paritaria o almeno equa rispetto ai generi, e l’esigenza crescente di sistemi elettorali che siano più vicini alla voglia di partecipazione degli elettori,
tenendo ben presente che, come i dati ampiamente dimostrano, siamo ben lontani anche solo dalla massa critica minima del 30% di presenza femminile nelle arene elettive italiane".

(lb)